Still breathing

Prendersi cura del proprio benessere psichico e dell’ambiente

Se c’è una cosa che mi piace è incontrare i ragazzi e parlare con loro.

Il più delle volte trovo stimoli, sguardi sul futuro, attenzione a ciò che sta accadendo nel qui e ora. Sono in ricerca e ci costringono a fare altrettanto.

Per questo è stato per me prezioso rispondere all’invito di alcuni capi scout che, sollecitati dai ragazzi, han voluto parlare un po’ del rapporto tra benessere psichico e natura, sperimentando anche alcune pratiche in prima persona.

Il tema era ampissimo e ho provato a fare un riassunto del riassunto del riassunto delle tante cose che avevo in mente per poter stare nei tempi, dando però anche più stimoli possibile. Di seguito quanto ho condiviso con i ragazzi.

6.5.23

SCOUTING FOR FUTURE

* STILL BREATHING *

Diverse forme di disagio psicologico, riscontrabili sia nei bambini che negli adulti (stress, iperattività, apatia, difficoltà a concentrarsi, insonnia…), possono essere ricondotte all’esserci allontanati, come esseri umani, da ciò che siamo in Natura, dai suoi ritmi, dalle sue regole, da dove veniamo, da come siamo fatti, da ciò di cui abbiamo bisogno per vivere: mangiare e bere sano, dormire di notte, riposare quando si è stanchi, impegnare la giornata con attività che realizzano, tenere il corpo in movimento…

Secondo la Medicina Tradizionale Cinese tutto ciò che esiste è energia e noi stessi lo siamo. La vita è il continuo movimento delle due forze: Yin, ascendente, e Yang, discendente. Tutto ciò che si trova sul nostro bel pianeta Terra e nell’Universo risponde a questa legge: il perpetuo alternarsi delle due forze. Al massimo dello Yin, inizia lo Yang. Al massimo dello Yang, inizia lo Yin.

Un esempio ciclico: nel pieno dell’Inverno, con il Solstizio, il Sole ricomincia il suo ciclo e le giornate iniziano ad allungarsi (inizia l’Estate); viceversa, nel pieno dell’Estate, con il Solstizio, il Sole termina il suo ciclo e le giornate iniziano ad accorciarsi (inizia l’Inverno).

Possiamo osservare tutto ciò anche nelle nostre esistenze, ad esempio: nell’infanzia possiamo osservare l’effervescenza della mattina, nell’adolescenza/giovinezza il calore del mezzogiorno, nell’età adulta la calma del pomeriggio, nell’anzianità la pienezza della sera.

Molto tempo fa abbiamo iniziato a dimenticare che noi SIAMO tutto questo.

Mangiare sano non si fa solo quando si sta male: Ippocrate diceva “fa’ che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo”. Siamo fatti di ciò che mangiamo e beviamo. Le molecole che costituiscono il nostro corpo sono al 65% idrogeno, al 24% ossigeno, al 10% carbonio.

Soffermiamoci anche sui sensi… La nostra mente è ancora quella che avevano i nostri avi che vivevano nei boschi: non ci siamo ancora particolarmente evoluti a livello cerebrale per cui funzioniamo ancora come tanti tanti anni fa. La Terapia Forestale sta dimostrando perchè un’immersione nell’ambiente naturale ci porti tanti benefici:

  • vista: ciò che è naturale è riconosciuto come familiare e quindi rilassante (esempi: forme ricorrenti – frattali, colori come il verde).
  • udito: rumori “umani” (es. il traffico) vs suoni naturali (es. le onde del mare)
  • olfatto: Composti Organici Volatili Biogenici (BVOC), ossia composti che vengono rilasciati nell’ambiente dalle piante (tra questi molti “profumi”) e che sono risultati benefici per l’uomo in termini fisiologici e psicologici.

Richard Louv, nel 2005 ha introdotto il concetto di disturbo da deficit di natura per parlare dei disturbi che provoca la lontananza dai contesti naturali nei bambini e non solo:

Condizione di disagio psicologico associato alla deprivazione del contatto con la natura. Solitamente presente nell’età evolutiva, i sintomi si riferiscono a quadri di iperattività comportamentale come irrequietezza, difficoltà a stare fermi e seduti, che si risolvono quando il bambino torna in un contesto naturale.

Oggi, che il cambiamento climatico sta cominciando a far vedere i suoi devastanti effetti, inoltre, si sta diffondendo sempre più una nuova forma di disagio: la cosiddetta ecoansia.

Emozione negativa e spiacevole caratterizzata da uno stato persistente di ansia di fronte a immagini, notizie, letture legate al decadimento ambientale. In generale l’esperienza di ecoansia porta a percepire l’ecosistema e il suo futuro come irrimediabilmente disastroso e castrafico.

  • per chi ha vissuto in prima persona catastrofi ambientali >> possiamo parlare di Disturbo da Stress Post Traumatico
  • per chi è esposto alle notizie >> possiamo parlare di forme d’ansia

Oltre all’ecoansia: ecoworry, global dread, ecoparalisi, terrafurie…

L’ecoansia colpisce tutti, ma soprattutto i giovani e in particolare gli attivisti.

L’ecoansia può condurre all’ecoparalisi e anche al climate denial.

Alcuni rami della psicologia si occupano di tutto ciò: l’Ecopsicologia, la Psicologia Ambientale. Inoltre, si stanno diffondendo sempre più pratiche che mirano a coltivare un miglior rapporto con la Natura in una logica di benessere psichico, ad esempio la psicologia outdoor, il lavoro che riconnette di Joanna Macy, la forest therapy, il shinrin-yoku, le meditazioni in Natura, i cammini “consapevoli”. Nel movimento delle Transition Town si è sviluppata la Inner Transition che mira alla cura del benessere del singolo e dei gruppi nei processi di cambiamento.

Attraverso molti studi, è stato ormai verificato che gli ambienti naturali, in particolare quelli ricchi di alberi, hanno la capacità di favorire la calma, il rilassamento, il miglioramento delle capacità attentive e la promozione di emozioni positive. Essi inoltre sembrano esercitare una influenza profonda e positiva sullo stato fisiologico dell’essere umano, diminuendo la frequenza cardiaca, la pressione sanguigna e i livelli di cortisolo, migliorando l’assetto lipidico e metabolico, ristabilendo l’equilibrio del sistema nervoso autonomo (parasimpatico – calmante e simpatico – attivante) e migliorando l’efficienza del sistema immunitario.

Che dicono queste discipline? Da dove possiamo partire?

  • adottare comportamenti pro ambientali per sentirsi utili e alleviare il senso di colpa
  • fare rete/gruppo per non sentirsi soli
  • riconnettersi con la natura (emozioni positive)

Fermiamoci sul 3° punto, riconnettersi con la Natura: noi che pensavamo che fosse la Natura ad avere bisogno del nostro intervento, scopriamo invece che siamo noi ad avere bisogno di riconnetterci a lei per farci passare l’ecoansia! 

In estrema sintesi: tanto più andiamo a rinforzare le emozioni positive che sperimentiamo quando ci riconnettiamo con la Natura e tanto meno avremo voglia di allontanarci nuovamente da lei. Si chiama psicologia positiva.

Quali sono queste emozioni positive? Ad esempio:

EUTIERRIA: stato emotivo positivo di sentirsi legati da un sentimento di amore con la terra e l’intero ecosistema.

BIOFILIA: tendenza a legarsi affettivamente con l’ambiente, la vita, la natura e chi la popola.

Per approfondire:

Ecopsiché – Scuola di Ecopsicologia | ecopsicologia.it

AIACC – Associazione Italiana Ansia da Cambiamento Climatico | aiacc.it

Terapia Forestale (volumi scaricabili gratis) | https://csc.cai.it/argomenti/terapia-forestale/ 

Work That Reconnects Network | workthatreconnects.orgTransizione interiore – Inner transition | transitionnetwork.org/do-transition/inner/

DIARIO DA DIVERSE QUARANTENE

Questo stupendo Diario è frutto di un lavoro corale nato, al termine del periodo di lock down, dai contributi delle partecipanti e dei partecipanti al gruppo Sunday Morning che conduco da circa tre anni presso la Biofattoria didattica e sociale Rio Selva.

Tutte e tutti assieme abbiamo risposto alle domande:

  • Cosa di positivo voglio portare con me di questa quarantena?
  • Cosa ho imparato?
  • In cosa mi è stata utile?

Io poi ho avuto il piacere e l’onore di farlo diventare un’unica voce.

Per avere maggiori informazioni sul gruppo, puoi leggere questo articolo dal mio blog: SUNDAY MORNING: UN VIAGGIO LUNGO TRE ANNI.

Ed ora… buona lettura!

Paola

 

Ho deciso di cambiare l’armadio, di cambiare gli abiti: non di svuotarlo ma di fare spazio. Fare spazio per le cose che mi arricchiscono e non mi svuotano. Per le cose che edificano e non distruggono. Mi piace l’idea dello spazio che si è creato.

Oggetti che nel tempo si sono accumulati riempiendosi di polvere fino quasi a sparire. A distanza di tempo, con un diverso livello di consapevolezza, è stato più facile attribuire il giusto peso ad ognuno di questi oggetti, ad ogni lettera, fotografia e ricordo. Dare il giusto peso alle cose e osservarle dalla giusta distanza, mi ha permesso di attribuire loro un significato, di scegliere cosa tenere e cosa buttare, cosa conservare e cosa regalare. Ora, finalmente, ho a mia disposizione uno spazio più pulito, più luminoso e libero.

Questo processo mi ha permesso di chiudere dei cerchi rimasti aperti, di perdonare qualcuno e soprattutto di perdonare me stessa, di tenere dentro di me ciò che mi fa stare bene e soprattutto di creare spazio per il nuovo che verrà, permettendomi di accoglierlo a mente libera e a cuor leggero.

Tutto è impermanente, e ciò dovrebbe insegnarci a godere di ogni momento.

Noi esseri umani siamo solo ospiti di questo pianeta, e come tali dovremmo comportarci, con umiltà, rispetto e gratitudine, verso una natura che ci offre tutto, camminando con passo lieve, senza lasciare la nostra impronta.

Cosa posso fare per me adesso? Andare piano. Senza troppe proiezioni sul futuro e senza troppi ancoraggi al passato. “Usa soluzioni piccole e lente”, dice il nono principio della permacultura.

Quello che porto con me è il rallentamento di tutto il nostro correre che c’era prima. Abbiamo vissuto lo stesso, quindi è possibile. Mi hanno dato grande serenità e fiducia i miei figli e nipoti, che hanno vissuto tutta questa novità con grande tranquillità, felici di stare in famiglia, facendo cose che non avrebbero mai fatto, non come una vacanza, fuori dal tempo, ma come modo di vivere.

La felicità è fatta di piccole e semplici cose e la forza e la resilienza che abbiamo in noi, se vogliamo, sono immense. I miei affetti hanno retto a questa prova in maniera quasi commovente.

Nulla è scontato: gli affetti, i contatti, la vicinanza delle persone care, ma anche i rapporti casuali, la chiacchiera in strada, lo scambio di due parole con qualche conoscente che incontro per strada o in un negozio, un giro in questi stessi negozi….. Imparerò ad apprezzare tutto questo?

Non ci siamo scannati in questi mesi, anzi, abbiamo costruito nuove forme di convivenza e abbiamo ritrovato il piacere di alcune cose che il crescere dei figli ci aveva fatto perdere. Viviamo molto alla giornata. E cerchiamo di recuperare una dimensione a misura d’uomo. Anche i ragazzi. E questo mi riempie di speranza che tutto ciò sia davvero servito a qualcosa.

Mi piace ricordare le mie passeggiate tra le vigne, il disegno del mio albero e le mie meditazioni: il conforto della natura e del mio mondo interiore.

Voglio una rinascita universale.

Voglio chiedere perdono a Madre Terra.

Voglio che tutti ci riproviamo insieme,

in nome dell‘Amore

che tutto governa.

In genere dico vorrei, ma ora serve assolutamente „voglio“:

non c’è più tempo…

Ho imparato a riconoscere e ad accogliere che sono una infinitesima parte del Tutto, estremamente fragile ma meravigliosamente interdipendente con ogni singola cosa ed essere vivente!

Ho imparato il passo lento, ricerco una maggiore armonia dentro e fuori partendo da un ascolto ed un’osservazione più profondi.

Ho imparato a dire “Grazie” per il dono di vivere ogni giorno, per gli affetti e le amicizie vere, per la Comunità che ti porti dentro anche quando non la puoi vivere al 100% nelle relazioni, per nonna Terra che con pazienza ci custodisce.

Mi porto nel cuore un maggiore senso di Rispetto e Gratitudine verso Tutto...

…e verso le sfumature infinite delle innumerevoli piccole cose a cui spesso non do importanza.

Mi ricorderò il profumo del pane appena cotto lasciato lievitare a lungo con amore e del lievito madre riuscito dopo il terzo tentativo, ma che felicità

Ho poi apprezzato la lentezza, i tempi vuoti, l’aria pulita, i silenzi…

La volontà che sento di voler coltivare nel presente è la condivisione, perché è bello stare bene nella solitudine, ma è meraviglioso condividere.

Ho imparato che per quanto una persona, nella sua vita e nella sua routine, abbia fatto percorsi anche intensi e si sia fatto molte domande, ci sono sempre aspetti, prospettive, pratiche, scelte etiche possibilità ancora inesplorateche si scorgono appena si rallenta o si cambia il ritmo, o si ascoltano di più gli altri, o ci si mette in discussione. Nella trasformazione di se stessi niente é impossibile, tutto ha i suoi modi e tempi. La consapevolezza è un cammino senza fine e c’é un regalo ad ogni passo!

Ho dormito, dormito…

In queste notti più lunghe il mio inconscio mi ha messo di fronte alle mie paure più grandi, a incubi di morte di abbandono e di solitudine.

Ma mi ha anche dato gli strumenti di guarigione permettendomi di guardare queste paure in faccia e di affrontarle con le mie risorse e le mie capacità e di superarle.

Ho sognato di morire e questo mi ha fatto crescere l’ansia, ma ho sognato anche di essere guarita da una guaritrice.

Paura, freddo, distanza, nascondimento, sfiducia, caos, disconnessione sono il film proiettato fuori da me. Non mi appartengono. La mia vita sgorga da un nucleo profondo di calore e fluisce nella luce. Mi connetto con presenza al nucleo e alla bellezza, armonia e vitalità pulsante della Natura Vivente, per imparare ad essere autenticamente umana.

Ecco, questa frase non è proprio mia ma è come se l’avessi scritta io… 

Io difendo il ritmo umano:

il tempo preciso, né più né meno, che serve per fare le cose per bene.

Per pensare, per riflettere, per non dimenticare chi siamo.”

Luis Sepulveda

SUNDAY MORNING: UN VIAGGIO LUNGO TRE ANNI

Il mondo è alle tue spalle.
Intorno ci sarà sempre qualcuno
che ti chiama…
non è niente,
domenica mattina…
(Sunday morning – Lou Reed)

Ormai più di tre anni fa è nato un gruppo assolutamente speciale di persone che si incontrano una volta al mese, di domenica mattina, presso la Biofattoria didattica Rio Selva, per quello che chiamiamo “il risveglio alternativo”:  semplici esercizi, relax, musiche e meditazioni, per prenderci cura di noi, conoscerci e aumentare la consapevolezza e il  benessere fisico, psichico e spirituale.

 

Il tutto immersi nella splendida cornice della campagna, in contatto con il respiro della Natura.

L’idea è nata dal mio desiderio personale di condividere pratiche scoperte negli anni presso la Scuola internazionale di Shiatsu e in altre esperienze, di offrire occasioni per rallentare e ascoltarsi alle/ai partecipanti e di far nascere e crescere relazioni semplici ma spontanee in un clima in controtendenza con ciò che spesso respiriamo nella nostra società caotica, frenetica e competitiva. Il tutto accompagnato da un sentimento profondo di amore e connessione con la Natura, come maestra e madre dei nostri cicli, delle nostre emozioni, del nostro agire.

Il gruppo nel tempo è cambiato ovviamente, c’è chi è passato una volta, chi ha partecipato per un periodo, chi è tornato, chi non manca mai. Sono pure nati 4 bambini nel frattempo!

Poco alla volta si è creato un nucleo pulsante e accogliente, fatto di persone, sguardi, sostegno, presenza leggera ma costante… un nucleo capace di far spazio ai nuovi partecipanti e di farli sentire presto accolti.

Mi piace riportare le parole di qualcuno di loro, che rendono meglio il sapore degli incontri:

“Abbiamo tutti bisogno di costruire la nostra strada verso uno stare meglio, Sunday Morning fornisce strumenti utili in modo disteso e piacevole, leggero, soffice, luminoso. (…) Camminare consapevolmente o prendersi cura della propria schiena è più necessario di quanto si pensi.” F.

“Per me è stato magico fin dalla prima volta e questo è dovuto all’incanto del posto. Poi ci sono state le persone che ho incontrato, belle, aperte e accoglienti e mi sono sentita accettata da tutte.” E.

“Io mi sono avvicinata al SM in un periodo difficile, alla ricerca di energia positiva. Ho trovato un luogo libero e un gruppo aperto e accogliente in cui sono stata bene.” E.

“… e così ho continuato, senza perdermi nemmeno un incontro, sempre soddisfatta del clima amichevole ed accogliente che mi fa sentire a mio agio anche quando si tratta di affrontare esercizi fisici e/o mentali per i quali non avrei pensato di essere adatta.” D.

 

E così, tra Qi Gong con il bamboo, Ba Duan Jin, Heart Chakra Meditation, ecc… sono trascorsi 3 anni senza nemmeno che me ne accorgessi, con qualche pausa e qualche fatica, volti nuovi e veterani, stagioni che passano e ritornano…

Poi, nel periodo del lock down ci siamo dovute/i fermare ma il gruppo, incredibilmente, si è ulteriormente consolidato. Due appuntamenti erano già fissati e sono stati annullati, ma avvertivo il bisogno comune di mantenere una connessione e di non rinunciare alle nostre pratiche e così, di tanto in tanto, senza forzarmi (quindi nel “pieno rispetto” del nostro stile condiviso!), ho inviato al gruppo, tramite WhatsApp, meditazioni guidate e pratiche corporee, fissando degli appuntamenti per praticare ciascuna/o nelle proprie case, ma in contemporanea.

Altrettanto alcune/i partecipanti hanno condiviso esercizi, spunti, articoli, poesie che man mano sembravano interessanti (con l’attenzione e la delicatezza di non “invadere” i telefoni altrui di spam e contenuti non richiesti).

È stato un accompagnamento dolce ed intenso assieme:

“Ho fatto tutto: Danza del Cuore e meditazione guidata. Che viaggio. Grazie a tutt* per la condivisione. Chiudendo gli occhi vi ho viste tutt* intorno a me a muovervi in sintonia.” E.

“Per me era la prima volta… è stata un’esperienza forte nella consapevolezza che la stavo condividendo con voi, persone vicine al mio sentire ma che invece non conosco affatto o quasi per nulla. Vi assicuro che ho sentito tutti i nostri cuori e questo mi dice che la connessione è qualcosa che va oltre.” C.

“La Preghiera delle Madri mi ha accompagnata nel profondo sonno di questa notte. Grazie Paola e coraggio a tutt*! Col sorriso sarà più facile affrontare queste giornate!” S.

“Scende qualche lacrima… ma di serenità…” L.

Al termine del periodo di quarantena, è successa un’ulteriore piccola grande meraviglia: era tempo di tirare le fila, di dirci (a noi stess* in primis) com’era andata, di fare il punto e ripartire, di scegliere cosa portare con sè e come affacciarsi nella famigerata fase 2… così ho lanciato nel gruppo l’idea di creare una meditazione corale, chiedendo a chi volesse di scrivermi privatamente cosa aveva imparato e cosa desiderava tenere per sè del periodo di reclusione.

Ci sono state 14 risposte e alcuni silenzi “presenti” non meno eloquenti.

I testi che ho ricevuto erano M E R A V I G L I O S I: ricchi, personali, autentici, pieni di saggezza… accorparli in una voce unica è stato un onore e un piacere.

Ne è nato il Diario di diverse quarantene (<< clicca qui per leggerlo!), che invito a leggere per la bellezza e la profondità che racchiude.

Ed ora? Beh ci sono io che avevo proprio voglia di raccontare tutto questo. Ce l’avevo da un po’ ed ora è arrivato il momento. Mi ha fatto perfino riaprire il blog che non avevo modo di curare da un po’.

E poi sarà importante celebrare tutto questo e confido nella possibilità prossima di una cena tutti assieme, di nuovo a Rio Selva, di nuovo faccia a faccia.

E dopo l’estate… ci aspetta un nuovo anno! Siete tutti invitati.

Grazie a tutte le partecipanti e i partecipanti al Sunday Morning.

Con gratitudine e Amore

Paola

SUMAK KAWSAY: LA PIENEZZA DEL VIVERE

Un sueño me dijo:

El secreto de conocerte te llegará cuando te hartes de sufrir… necesitas encontrar el tesoro escondido que está dentro de ti.”

Volvía a preguntar: ¿Cuál es el tesoro?

Un maestro me dijo: “El Amor”.

Victor L. Durand

(Los escritos de un Don Nadie perdido entre el Amor, la Libertad y la Locura)

Nel 2014 ho visitato il Perù e, a Cusco, sua capitale spirituale, ho avuto la fortuna di essere ospitata dagli amici Victor Lopez Durand, sciamano e docente universitario, e da Imelda Vargas Rodrigo, professoressa e sua collaboratrice. Attraverso i loro racconti e insegnamenti ho potuto iniziare a conoscere la cosmologia e la spiritualità andine, alcune pratiche di cura tradizionali, alcuni concetti fondanti il sapere e le conoscenze degli antichi popoli quechua e aymara.

Tra questi spicca, per me, il cosiddetto buen vivir, dal 2008 presente anche nella costituzione ecuadoriana, come guida pratica di attuazione di prassi politiche.

Il buen vivir è la concezione della vita (la “cosmovisione”) propria del pensiero indigeno andino. L’espressione spagnola é la traduzione del sumak kawsay in lingua quechua o del sumak camana in lingua aymara.

Nei diversi paesi dell’America Latina che conservano gli antichi saperi andini, il concetto del buen vivir assume una diversità di sfumature di significato che non sono trascurabili, ma che non interferiscono con i valori comuni che animano il suo insegnamento: la sacralità della Pachamama, la terra, il rispetto profondo per la natura, il forte legame comunitario, la reciprocità e la complementarietà delle relazioni…

Non è semplice tradurre queste parole, ma in generale si può dire che sumak significa ciò che è ideale, bello, buono, è la realizzazione; e kawsay è la vita, con riferimento a una vita degna, in armonia ed equilibrio con l’universo e l’essere umano. In sintesi il sumak kawsay indica la pienezza della vita, nei tre livelli materiale, intellettuale e spirituale. Significa vivere intensamente, non in maniera mediocre. Detto con le parole di Victor, significa “vivir bien con tigo mismo, con la naturaleza y con la sociedad”. Molti studiosi (antropologi, filosofi, ma anche economisti, agronomi, politici…) guardano al buen vivir come a una nuova opportunità per l’umanità, con nuovi paradigmi, contrari al senso di marcia verso cui spinge genericamente il pensiero della “società occidentale” ma adeguati alla situazione che stiamo vivendo: senso del limite e della proporzione, recupero della dimensione comunitaria, salvaguardia delle diversità, riconduzione dell’economia al proprio ruolo…

Nella dimensione più piccola di ciascuno di noi, ritengo che conoscere e imparare a seguire i 7 principi attraverso cui Victor spiega il sumak kawsay, ci aiuti a ritrovare il nostro centro e la connessione con il nostro ambiente, a stabilire e ricucire relazioni autentiche, a lenire qualche ferita del nostro cuore

Di seguito, ho trascritto gli appunti presi direttamente dall’intervento di Victor e Imelda ad un incontro tenuto durante il loro ultimo viaggio in Italia, il mese scorso… buona lettura!

Paola

I 7 PRINCIPI DEL SUMAK KAWSAY O SUMAK CAMANA

1. ARMONIA

L’armonia di un luogo comincia dal suo padrone.

Molte persone oggi non sono in armonia: i problemi del passato turbano il presente, e nel presente si preoccupano x il futuro. Prestiamo troppa attenzione a cose senza valore e ci perdiamo la meraviglia che c’è attorno. O a volte perdiamo di vista le piccole cose importanti perché siamo distratti. Armonia è stare bene con sé, con le piccole cose importanti e il creato, riuscendo ad avere attenzione x tutto.

Non possiamo dare ciò che non abbiamo. Ci sono giorni neri. Ci alziamo senza armonia. L’armonia è un percorso. È crescita spirituale.

2. COMPLEMENTARIETÀ

La complementarietà è dentro di noi: il principio maschile e il principio femminile.

Essere pareja è essere diversi e complementari, è trovare la complementarietà nella diversa forma.

Spesso noi cerchiamo qualcuno che ci capisca ma non sappiamo capire gli altri.

In una squadra di calcio tutti hanno il proprio ruolo: sono complementari.

Nel nostro lavoro dobbiamo portare il principio della complementarietà: dobbiamo dare il meglio e fare in modo che l’altro possa dare il meglio.

Il segreto per non lavorare è che ci piaccia il nostro lavoro. Essere nel proprio posto. “El trabajo debe ser como una oracion.”


3. RELAZIONE

Relazione con noi stessi, con le persone che abbiamo attorno, con la natura. I tre aspetti sono collegati… Ai bambini tutto li rallegra. La società occidentale abitua a pensare in termini di cosa è giusto e cosa è sbagliato. Questo porta al conflitto. Nella cultura andina invece non c’è bene e male. C’è bene o più bene. Non c’è una verità. Ognuno di noi è una verità. La madre terra non dice questo è bene questo è male. Se piantiamo patate ci dà patate. Se piantiamo marijuana ci dà marijuana. La mia idea non è assoluto.


4. CICLICITÀ
Occorre accettare che si chiudano i cicli. Spesso le persone non chiudono i cicli. Tutti dobbiamo morire, ma nessuno vuole diventare vecchio. Da bambini giocavamo tanto. Ci sono adulti che non hanno ancora chiuso il ciclo dell’infanzia.

A volte bisogna chiudere il libro ma non solo… anche la biblioteca!

Parti Imelda, ma parti completa. Prendi anche la tua anima. Voglio chiudere il ciclo, non lascio il mio spirito nel luogo da cui parto.”

Essere come il sole che tutti i giorni nasce e muore. Chiudere i cicli, non avere cose pendenti, portare con sé il proprio spirito. Chiudere il ciclo della giornata quando il sole tramonta.

Il sole nasce anche se gli uomini lo danno x scontato.

Se porto la mia casa al lavoro, il focolare si perde lì perché è troppo piccolo. Impariamo a chiudere i cicli. Ogni minuto, ogni ora, ogni giorno. Chiudiamo le relazioni. Se non chiudo non starò bene nella relazione successiva.


5. CORRISPONDENZA

Restituire ciò che ho ricevuto. Anche in altre forme con altre persone. L’impegno.

Desidero che il mio sposo mi desideri nello stesso modo in cui lo desidero io. Questo a volte non succede. Ma io continuo a dare il meglio di me senza aspettarmi altrettanto. Dò cento, voglio cento. Ma non funziona così. L’amore dato ritorna, magari al di fuori delle nostre aspettative.

Ognuno dà quello che può. Per avere pace, devo avere pace da dare. Lo stesso l’amore. Ad un melo non possiamo chiedere di dare pere. Un pero non si chiede “perché non dò mele’”.


6. RECIPROCITÀ

Saper dare e saper ricevere. Dare non è uguale a ricevere. Esistono 3 tipi di reciprocità: da persona a persona (Ayni), da uomo a comunità (Minka), da uomo a stato (Mita). Il Tawantinsuyo (l’impero Inca) era guidato da questo precetto: dare sempre il meglio. Io oggi ho bisogno, tu lavori x me. Domani faremo viceversa, con la stessa passione. L’importante è restituire l’entusiasmo.


7. DUALITÀ

L’uomo vive nella dualità (notte e giorno, luce e oscurità, silenzio e rumore, yin e yang).

Sei malato? Ammalati bene, così poi guarisci bene. Sempre ci saranno luce e oscurità. X la scienza l’oscurità è assenza di luce. Se un giorno dobbiamo stare nel buio, stiamoci senza disperarci.

Occorre passare x la malattia x stare bene. Il cavallo ce la mette tutta durante la gara di corsa. Non gareggia con gli altri ma con sé stesso. Non sa alla fine se ha vinto o perso e la sera prima non era nervoso.

Impara ad ascoltare il tuo diavolo: ti dice dove non andare. Questa è dualità. Dobbiamo conoscere sia la povertà che la ricchezza, sia la salute che la malattia. Accettare il buio, attraversarlo. La sofferenza dà la lezione. Muori, resuscita, porta la tua croce.

RI-CONOSCIAMO LE NOSTRE RADICI?

Ai bambini rivolgo queste parole.

Uscite, uscite a giocare (…). Usate il vostro potere, la vostra immaginazione, la vostra fantasia, perchè è questa la ricchezza che vi permette di vedere e capire il mondo – ora – meglio degli adulti, meglio di quanto voi stessi potrete fare tra qualche anno.

Voi avete il potere di creare mondi, di vedere oltre le apparenze, di cogliere sfumature (…).

Voi venite dall’Universo, credete forse di essere nati dal nulla?

ECOPSICOLOGIA, LA NOSTRA IDENTITÀ TERRESTRE

Da quanto tempo non ti fermi ad ascoltare il canto degli uccelli? Da quanto non siedi in riva al fiume, non godi del rumore delle onde che si infrangono, non ti lasci accarezzare consapevolmente dal vento?

Ricordi quanto fa star bene sentirsi parte di qualcosa di più grande semplicemente osservando le nuvole girare nel cielo?

Abbiamo bisogno di “tornare a casa”, di “tornare a sentirci parte”, di riconsiderare la nostra identità in termini più ampi, capaci di includere anche l’ambiente di cui facciamo parte.

Per migliaia di anni abbiamo vissuto a contatto con la natura, con luoghi, elementi e creature con cui siamo strettamente imparentati. A partire dagli ultimi cento anni è avvenuto un brusco distacco dal mondo naturale: nello stile di vita e di lavoro, nella realtà abitativa, nella stessa percezione di noi stessi: non più parte del mondo, ma padroni del mondo. Montagne, campi, piante e animali sono stati resi “cosa”, risorsa, privati di ogni dignità, di ogni senso di fratellanza e sorellanza.

Questo passaggio brusco non è avvenuto senza conseguenze e molto del malessere esistenziale contemporaneo è frutto di un profondo senso di alienazione dal mondo e dalla vita stessa, che si traduce in perdita di senso, valori e identità, che ci lascia apatici e impotenti davanti al crescente degrado ambientale e agli scenari catastrofici che vengono disegnati nei summit scientifici internazionali.

L’ecopsicologia nasce dalla collaborazione di due giovani scienze, ecologia e psicologia, che uniscono le forze per affrontare insieme i problemi dell’uomo e i problemi dell’ambiente.

Possiamo conoscere e realizzare meglio noi stessi imparando a riprendere contatto col mondo naturale e possiamo prenderci cura con maggior responsabilità ed efficacia dell’ambiente se facciamo prima un lavoro di recupero e valorizzazione della nostra identità. Quando intraprendiamo un percorso di crescita personale, scopriamo in ognuno di noi la presenza di un inconscio ecologico, che testimonia della consapevolezza di essere tutti parte della Creazione. Quando riprendiamo contatto con la totalità di noi stessi si risveglia il desiderio di agire in difesa di quello che viene riconosciuto non più solo come la nostra casa, ma come parte integrante del nostro stesso essere. Come sottolinea il sociologo francese Edgar Morin, stiamo entrando nell’Era Planetaria, in cui riconosciamo la nostra identità terrestre. (…)

I testi in corsivo sono di M. Danon, tratti da Scuola Natura, 2009, Red Edizioni

VADEMECUM DEI SOGNI

Un sogno che non viene spiegato è come una lettera non letta.

Talmud Babilonese

Un omaggio ad un Maestro, che, quando ho avuto la fortuna di incontrare, mi ha regalato per iscritto la sua predizione.

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Il testo è tratto da Una nuova interpretazione dei sogni di Tobie Nathan, antropologo e psicanalista, una delle grandi figure dell’etnopsichiatria contemporanea.

Utente dei sogni, fratello mio, tu che non hai rinunciato a capire, tu che hai intenzione di usare la forza proveniente dall’altra faccia della medaglia per arricchire il tuo destino, ti trasmetto, in queste pagine, alcune indicazioni che potranno accompagnarti sia di giorno che di notte.

La prima domanda che devi porti riguarda il tuo sogno. Tu sogni? Con regolarità, tutte le notti? Sei consapevole di quell’attività che sobbolle nelle profondità del tue essere? Il sogno è come la sessualità, una presenza costante che continua indefinitamente a ricordarci le nostre radici istintuali.

Il sogno è una fortuna e un’opportunità. (…) Un sogno che svanisce è come un frutto che non si è colto.

Nato dal tuo sonno più profondo, il sogno ti identifica – nessun altro potrebbe farlo al posto tuo, nessuno può conoscerlo se tu non lo racconti. È, prima di ogni altra cosa, un meccanismo istintivo il cui fine è fare in modo che domani si sia la stessa persona di oggi. Il sogno lavora ogni notte, instancabilmente, alla salvaguardia del Sè.

Nondimeno esso è un luogo pubblico, uno spazio nel quale ti è possibile incontrare esseri di un’estraneità radicale con i quali intraprendere degli scambi. Se credi a dio o al diavolo, puoi incontrarli lì; e se non ci credi, puoi dialogare con il tuo nucleo biologico, in altre parole, il tuo creatore. (…)

Un sogno va raccolto al risveglio, prima che una sola goccia d’acqua abbia toccato le labbra del dormiente. In assenza di un “uditore di sogni”, puoi semplicemente posare un taccuino e una matita sul comodino. Il sogno ha bisogno dello sguardo di un’altra persona: annotarlo è una promessa di racconto. (…)

Vi sono innumerevoli motivi per prestare attenzione al tuo sogno. Esso consente di spezzare la routine, di mutare il tuo punto di vista, di modificare l’idea che avevi di te stesso e degli altri, perchè esso dà il via ad una trasfromazione del tuo universo. Chiunque si preoccupi di essere davvero sé stesso, di avere un suo modo di pensare, di evitare di ripetere le frasi fatte della propaganda e della pubblicità, ne troverà i mezzi nel suo sogno.

Esso ti permette di ricevere anche dei messaggi che non si trovano in questo mondo, che sfuggono alla piattezza della quotidianità (…).

E il tuo sogno può anche rivelarsi utile, soprattutto in quei momenti di grande difficoltà che a ciascuno capita di attraversare. Può metterti in guarda da pericoli a cui non hai pensato durante la veglia. Così spesso di comporta l’incubo (…).

Tuttavia, perchè porti a termine il suo compito, un sogno deve essere interpretato. L’interpretazione è contenuta in nuce nel corpo stesso del sogno. Ma, bada bene, nessun sogno può essere interpretato dal suo stesso autore: egli riuscirebbe soltanto a produrre un nuovo sogno, che a maggior ragione richiederebbe l’intervento di un interprete.

L’interpretazione è quella parte del sogno che gli consente di realizzarsi nel mondo. Essa è sempre un comando di esistenza. Dunque, un’interprete di sogni è un ostetrico dell’indomani. Sii esigente! (…) Un fatto non potrai eludere. L’interpretazione è sempre una predizione. (…) Se si presenta come una sentenza, rifuggila! Essa calpesta la tua libertà, ti arruola al servizio di forze che non conosci. L’interpretazione, quella che annuncia l’avvenire, atto di coraggio di chi l’ha formulata, è garanzia della libertà del sognatore.

LE STORIE SONO MEDICINE

Ho condotto di recente due cicli di incontri dal titolo La Via femminile e in ogni incontro, assieme ai partecipanti, siamo entrati in una storia diversa, tutte tratte dal libro Donne che corrono coi lupi di Clarissa Pinkola Estes. Questo percorso è stato travolgente nella sua forza trasformativa, per me, per le organizzatrici, per i partecipanti tutti, conducendoci ben oltre le aspettative. Leggere e ascoltare storie è semplicità. Semplice come il ciclo delle stagioni, il sorgere del sole, il maturare di un frutto, come il fiume che scava il proprio letto. Semplice e profondamente trasformativo, come le piccole cose. E il sapore è lo stesso… Il testo seguente è tratto dall’introduzione di questo libro affascinante e leggendario. Buona lettura!

Paola

L’arte delle domande, l’arte delle storie, l’arte delle mani: sono tutte il frutto di qualcosa, e questo qualcosa è l’anima. Ogni volta che alimentiamo l’anima è garantita una crescita. Vi accorgerete, mi auguro, che sono maniere tangibili per ammorbidire vecchie cicatrici, per lenire antiche ferite e contemplare tutto in modo nuovo (…).

 Le storie sono medicine. Dalle storie rimasi catturata per sempre quando ne sentii raccontare una per la prima volta. Hanno un tale potere… non ci chiedono di fare, essere, agire: basta ascoltare. I rimedi per reintegrare o reclamare una pulsione psichica perduta si trovano nelle storie. Esse generano l’eccitamento, la tristezza, le domande, gli struggimenti e le conoscenze che spontaneamente riportano in superficie l’archetipo (…).

Le storie sono disseminate di istruzioni che ci guidano nelle complessità della vita (…).

 Talvolta varie stratificazioni culturali disarticolano le storie. Per esempio, nel caso dei fratelli Grimm (per nominare due dei collezionisti di fiabe degli ultimi secoli), forte è il sospetto che gli informatori (i cantastorie) del tempo talvolta “depurassero” le loro storie per riguardo ai religiosi fratelli. Con il passare del tempo, antichi simboli pagani furono ammantati di significati cristiani, sicchè la vecchia guaritrice di un racconto diventava una strega malvagia, uno spirito si trasformava in un angelo, un velo per l’iniziazione diventava un fazzoletto, o una bambina di nome Bella (spesso erano chiamate così le bambine nate durante la festa del Solstizio) veniva ribattezzata Schmerzenreich, Addolorata. Venivano omessi gli elementi sessuali. Creature e animali soccorrevoli erano spesso trasformati in uomini neri e demoni. Ecco come molti racconti ricchi di insegnamenti sul sesso, l’amore, il denaro, il matrimonio, il parto, la morte e la trasformazione sono andati perduti. Ecco come anche le fiabe e i miti che spiegano gli antichi misteri delle donne sono stati pure ricoperti. (…)

Ma non tutto è perduto per sempre. (…) Ci sono buone notizie: per tutte le cadute strutturali nelle versioni esistenti dei racconti c’è un modello forte che tuttora brilla. Dalle forme dei pezzi e delle parti, possiamo determinare con notevole precisione quel che è andato perduto nella storia (…).

Non c’è stata distruzione. Tutto ciò di cui una persona ha bisogno, tutto ciò di cui noi possiamo aver bisogno, ancora sussurra dalle ossa della storia.

Clarissa Pinkola Estes

指圧 SHIATSU: UN IDEOGRAMMA, TRE SIGNIFICATI

Lo shiatsu è una tecnica oggi molto nominata e che incuriosisce sempre più persone, ma spesso non se ne ha un’idea chiara e circolano moltissime diverse definizioni. Si può partire allora da questa semplice domanda… cos’è lo shiatsu?

Attilio Somenzi, fondatore della Scuola Internazionale di Shiatsu Italia, lo descrive con queste parole: “lo shiatsu è una tecnica manuale a mediazione corporea che consente di conoscere ed educare il proprio corpo, di ascoltare sé stessi e gli altri, di rapportarsi correttamente con l’ambiente, inoltre di prevenire ed eliminare disturbi, disagi, stanchezza, stress e squilibri energetici, e di intervenire come supporto in problemi quali malattie fisiche, emozionali o mentali.” (A. Somenzi, Lo shiatsu e il pensiero macrobiotico, 2012, Shiatsumilano Editore)

Si tratta di una tecnica giapponese, che ha origini profonde nella medicina cinese e in alcune tecniche di manipolazione, come l’Anma e l’Anpuku (trattamento di hara, l’addome, per i giapponesi il centro della vita).

L’ideogramma corrispondente alla parola “shiatsu” 指圧 è composto da shi = dita e atsu = pressione e può assumere tre diversi livelli di significato:

  • Il primo è pressione con le dita. Lo shiatsu segue un approccio olistico, considera cioè la persona un tutt’uno inseparabile nei suoi aspetti: corpo, mente e spirito sono quindi una cosa sola e nell’occuparsi della salute occorre guardare all’interezza e non solo al sintomo o alla parte sofferente. Nella filosofia e nella medicina orientali, l’uomo (e ogni essere vivente) è attraversato dall’energia generata dall’influenza di cielo e terra, l’energia vitale, il Qi. Quando il naturale fluire di quest’ultima viene bloccato per un qualsiasi motivo, si viene a verificare una situazione di disequilibrio che può portare ad uno stato di malattia. Lo shiatsu, attraverso pressioni statiche (pollice, palmo, piedi, ginocchia) che stimolano il sistema nervoso autonomo (in particolare il sistema parasimpatico), aiuta a ristabilire l’equilibrio e in questo modo a recuperare benessere e armonia nell’intero corpo.
  • Il secondo livello di significato corrisponde anche al primo passo di superamento della tecnica e sottolinea l’importanza della relazione tra operatore e ricevente, tra tori e uke. Il cuore nelle mani mostra esattamente come entrambi diventino attori di un rapporto basato sull’empatia, sull’ascolto e sul rispetto reciproco. Lo shiatsu diventa bagaglio di consapevolezza, di essere due nell’uno (le famose forze yin e yang del simbolo del Tao), della necessità di stare in relazione per avviare processi di trasformazione, cambiamento e guarigione.
  • Nel terzo livello di significato, la parola shiatsu può essere infine tradotta come ponte con l’infinito, ossia come percorso di crescita e consapevolezza fisico, emozionale e spirituale che porta alla trasformazione personale, primo passo verso il proprio personale processo di autoguarigione.

Cosa avviene, dunque? Utilizzando alcune parole chiave, si possono descrivere questi diversi livelli: rilassamento e attivazione dei vari sistemi e organi del corpo, aumento delle capacità di risposta e di ripresa del corpo, conoscenza nella relazione, presa di coscienza di sé e ricerca dell’origine del proprio problema.

Lo shiatsu, quindi, non limitandosi solamente a rispondere al sintomo, interviene preventivamente e in profondità, riattivando l’energia del ricevente e risvegliando la forza risanatrice che è già insita in ciascuno di noi. Ai giorni nostri, in cui prevale la fretta, la spinta a risolvere tutto subito, il mito del corpo perfetto e di un’umanità immortale, la paura a vedersi e ad incontrarsi in maniera autentica, questa preziosa tecnica donataci dall’Oriente ci permette, invece, di ritagliarci uno spazio di calma dentro e fuori di noi, di prenderci cura di noi stessi, di ritrovarci un po’ alla volta, scoprendo il nostro modo di stare bene anche di fronte alle complessità a cui il mondo ci chiama.

(P. Carnio, psicologa operatrice shiatsu)